Cultura a portata di click

mercoledì 22 luglio 2015

Senza Tabitha … Stephen King non sarebbe lo scrittore che tutti noi conosciamo!

“Donne …” Quante volte abbiamo sentito questa parola pronunciata con sufficienza, magari scherzosamente (o anche no), per liquidare un discorso portato avanti da un uomo? In un mondo in cui si dice ci sia la parità dei sessi (spesso solo apparente o per mera convenienza) la donna resta quasi sempre circondata da un alone di pregiudizio, accusata di luoghi comuni ormai superati, e nel peggiore dei casi vista come un essere inferiore al proprio corrispettivo maschile. 
 
Ma non è così perché di grandi donne la storia ne è piena. Donne che brillano da sole, che hanno la propria vita e la propria indipendenza e con la loro intelligenza e le loro capacità sono in grado di costruirsi una vita che non solo rende famose loro, ma aggiunge interesse anche ai mariti stessi. Sono sì a fianco, sempre, e si rafforzano a vicenda. Anzi sono le donne che danno quel leggero “upgrade” agli uomini e un esempio lo si può trarre da una figura molto diversa e dei nostri tempi, quella di Tabitha King. Moglie del celeberrimo re degli horror Stephen King, anche lei scrittrice di talento, che rimase sempre alle spalle del marito come popolarità, ma soprattutto per sostenerlo nei momenti difficili.

Perché una cosa è certa: King non sarebbe mai diventato uno degli autori più pagati e famosi del mondo se sua moglie non gli fosse stata accanto. Nel libro che racconta il suo percorso e la sua carriera, intitolato “On Writing: autobiografia di un mestiere”, King stesso ha spiegato che gli inizi nel mondo dell’editoria non sono stati facili per lui. Per diversi anni non ha fatto altro che appendere a un grosso chiodo conficcato nel muro, decine e decine di racconti rifiutati e mai pubblicati.  Preso dallo sconforto per i numerosi tentativi andati a vuoto, lo scrittore cestinò (di sua iniziativa) anche un romanzo scritto a metà, perché ormai rassegnato.

Era ancora giovane e si era sposato da poco, in più problemi economici lo attanagliavano tanto da accettare lavori mediocri e sottopagati, nonostante nel frattempo fosse diventato insegnante … Insomma era al limite! Probabilmente, anzi di certo, lo era anche Tabitha. Eppure fu proprio lei a recuperare quel manoscritto dal cestino, a leggerlo e a esortarlo a terminarlo, perché dentro vi aveva visto del talento. Non fu l’unica. Il manoscritto in questione era “Carrie” ed è oggi conosciuto come il primo, grande successo di King.

Da quel momento in poi la sua vita cambiò radicalmente, King poté permettersi di abbandonare l’insegnamento e di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Era il 1974 e da lì in poi il suo successo fu in ascesa. Ma scrivere, si sa, è un mestiere, e ancora di più è pubblicare best seller in continuazione: per questo King cadde ripetutamente nella spirale dell’alcolismo. Lui stesso, in seguito, dichiarò che tra i romanzi scritti in quei periodi bui, di uno, non ha il benché minimo ricordo, perché spesso non era cosciente delle sue azioni. L’epilogo avvenne nel 1999: mentre passeggiava sul ciglio della strada, lo scrittore fu investito da un’auto e rischiò la morte.

Trascorse un lungo periodo di convalescenza, prima in ospedale e poi a casa, senza poter camminare. Ancora una volta, fu Tabitha ad assisterlo e ad aiutarlo a trovare la forza di smettere di bere, annientando il dolore non attraverso l’alcool, ma con la scrittura. Un’altra moglie avrebbe potuto gettare la spugna e cercarsi, magari, un altro compagno, o almeno dedicare più tempo a se stessa o alla sua attività di scrittrice. Invece rimase, e insieme, superarono l’ennesimo momento difficile.

Oggi Stephen King conta più di sessanta libri di successo pubblicati e tradotti in diverse lingue, Tabitha ne ha finiti solo otto. Perciò, forse si può dire che abbia meno talento del marito, ma non certo meno tenacia e coraggio. Perché magari è vero, come affermano alcune voci, che essere la moglie di uno scrittore famoso può aiutare nella pubblicazione, ma è anche, e soprattutto vero, che quello scrittore probabilmente non sarebbe divenuto tale senza l’appoggio di una donna come lei.

Paola Chirico                                               

lunedì 13 luglio 2015

"Il potere ti strozza con nastri di seta"

Di uomini al potere è piena la Storia. E di donne? La loro presenza è fatto piuttosto eccezionale e sporadico. La Storia ufficiale, quella che si insegna e si apprende, nonostante il genere femminile del nome, ha sempre preservato, nella stragrande maggioranza, la memoria di personaggi maschili.
Le donne, invece, continuano a rientrare in quella dimensione discriminante attraverso la quale vengono ignorate le pari opportunità.



E’ impossibile stabilire chi fu la prima donna ad assumere responsabilità di comando, ma le testimonianze storiche di epoche anche molto lontane tra loro conducono a varie figure femminili di grande spicco.
Intorno al 69 a.C., ad esempio, nasceva ad Alessandria d’Egitto una delle donne più affascinanti della Storia, Cleopatra, regina dell’ antico Egitto; la più grande ammaliatrice di tutti i tempi, che con la fine arma della seduzione conquistò due dei più potenti uomini del suo tempo: Cesare e Antonio, che amò intensamente. Cleopatra, ricordata per la sua bellezza e la sua cultura, ma anche per la sua immoralità e la sua perfidia, fu sicuramente una delle più celebri donne del suo tempo.

Figura eccezionale fu anche Elisabetta I Tudor che, con la sua ascesa e le sue capacità, diede inizio ad un periodo talmente florido per il suo Paese, da essere indicato e ricordato quale “età Elisabettiana”. Fu soprannominata “sovrana vergine”, per aver governato senza un consorte. Sostenne la diffusione della cultura e  della religione anglicana e  non si sottrasse a scontri militari e politici con Francia e Spagna per gettare  le basi di una nuova potenza conquistando definitivamente l’Irlanda. Ancor oggi la corona inglese è detenuta da una donna, Elisabetta II, che gode di grande ammirazione da parte dei suoi sudditi.

Altra grande figura femminile ad apparire, alla fine del ’400, sullo scenario politico europeo, fu la regina Isabella di Castiglia, che, con il sostegno del marito Ferdinando II d’Aragona, fece della religione cattolica il pilastro del potere monarchico di Spagna. Donna coraggiosa, combattiva e rispettosa dei suoi doveri, approvò e sostenne la spedizione di Cristoforo Colombo, s’impegnò nella creazione di accademie e università e, allo scopo di creare “civiltà pacifiche”,  abolì la schiavitù degli indigeni nel Nuovo Mondo.

Ma veniamo alle figure femminili di spicco di  oggi! Il titolo di merito spetta senz’altro ad Angela Merkel, alla guida della Germania dal 2005 nelle vesti di Cancelliera. Donna caparbia e ostinata nei suoi progetti, impassibile alle difficoltà, battagliera e dotata di indubbio carisma, ha portato il suo partito (il CDU) a risultati storici.
Una figura da poter paragonare alla Merkel, possedendone le medesime peculiarità, è Hilary Clinton, prima first lady e poi Segretaria del Senato degli Stati Uniti d’America nel governo Obama. Svanito il sogno di poter diventare la prima donna presidente degli States, offre ora il suo impegno, la sua professionalità e le sue capacità per la politica estera. In una delle sue innumerevoli interviste ha affermato Siamo qui per portare avanti la causa delle donne e la causa della democrazia  e rendere assolutamente chiaro che le due cose sono inseparabili. Non ci può essere vera democrazia, fino a che le voci delle donne non saranno ascoltate”.  

E in Italia? Quali sono le donne che oggi occupano posti di rilievo tali da poter essere equiparate a quelle sin qui ricordate? Purtroppo il processo in Italia sembra essere più lento e graduale. La carica più alta, al momento, è detenuta alla Camera dei Deputati dall’On. Laura Boldrini, la quale, quotidianamente, deve fare i conti con una realtà maschilista che utilizza il potere per scopi assolutamente diversi da quelli solitamente dichiarati.

Ha scritto, in proposito,  Oriana Fallaci: Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza”. Sembra dunque che, se il potere avesse sesso, sarebbe “femmina”... salvo le dovute eccezioni.
 
Paola Chirico
Trainer Formazione HR

Luisa Sanfelice martire, icona o pasionaria?


Ferdinando e Carolina di Borbone erano talmente inferociti contro gli intellettuali napoletani, rei di aver sognato e attuato una repubblica dalla filosofia "sorella" di quella francese, che pensarono bene di decapitare, e non solo metaforicamente, il loro regno di tutti i suoi più grandi figli, reagendo con spietata ottusità al terrore che li aveva attanagliati durante i cinque memorabili mesi della famosa "Repubblica Partenopea".


Fra i tanti ingegni un'incolpevole e inconsapevole "eroina": Luisa Fortunata de Molina, coniugata Sanfelice. Immagine, la sua, di donna moderna, prigioniera della sua sensualità, intrappolata nelle sue naturali contraddizioni e, al di là delle leggende che serpeggiavano sul suo conto, figura dal passato burrascoso e intrigante. Di lei e della sua vicenda umana hanno parlato Pietro Colletta, Alexandre Dumas, Benedetto Croce, Francesco Mastriani e tanti altri. Splendide attrici ne hanno incarnato il personaggio in film e fiction televisive che, al pari di quello di Eleonora Pimenthel de Fonseca, ha rappresentato l'universo femminile della Repubblica napoletana.


Nata a Napoli nel 1764, figlia di un ufficiale spagnolo giunto al seguito di Carlo di Borbone, Luisa aveva sposato, a diciassette anni, Andrea Sanfelice, cadetto di nobile famiglia dei duchi di Agropoli e Lauriano (oggi Laureana Cilento). Matrimonio d'amore allietato dalla nascita di tre figli, ma ben presto in gravissima crisi per la sconsideratezza dei due giovani che conducevano una vita esageratamente dispendiosa. I familiari, con l'assenso della Corona, dovettero allontanarli l'uno dall'altra e toglier loro i figli per incapacità.


Rapimenti, debiti, fughe, innamoramenti, scelte azzardate, caratterizzarono la vita della giovane Luisa fino al momento in cui si trovò invischiata in un complotto. La storia è nota... Luisa è amata dal giovane banchiere Gerardo Baccher (filo -borbonico) che sta tessendo una cospirazione antifrancese e che, nell'imminenza del colpo di mano, le aveva confidato i dettagli della congiura, che mirava a ripristinare il governo borbonico. Temendo che potesse accaderle qualcosa le consegnò un salvacondotto (che sarà la sua condanna a morte!) che le garantiva l'incolumità l'indomani quando Napoli sarebbe stata cannoneggiata dalle navi inglesi.


Ma lei in uno slancio d'amore, lo donò all'uomo al quale era legata, il giovane Ferri magistrato filo -giacobino che si premurò di informare il governo. La congiura è ormai sventata, Baccher viene tratto in arresto e Luisa, da un giorno all'altro, diventa un personaggio pubblico di prima grandezza. Era stata, per i suoi costumi liberi, la vittima del "pubblico vituperio", come ricorda il Colletta e diventa la salvatrice della patria repubblicana. Un'icona.


Sul "Monitore" del 13 aprile un articolo di Eleonora Pimenthel de Fonseca esaltava la donna trasfigurandola in un'eroina, la "salvatrice della Repubblica" di cui si deve "eternare il nome". E' questo strabiliante percorso - la sua assunzione involontaria nell'empireo giacobino - che ne segnerà la sorte. Riconquistato il regno, il Sovrano sembra accanirsi contro questa donna rimasta invischiata nella tela della rivoluzione , e a nulla vale la catena penosa delle esecuzioni sospese all'ultimo istante, il montare di un'opinione innocentista e infine la bugia della gravidanza. Nel frattempo, altri protagonisti di ben diverso peso hanno salva la vita ma, a differenza loro, la Sanfelice è un simbolo e a un simbolo il Re non intende fare sconti.
L'11 settembre del 1800, dopo aver accertate le sue condizioni, a Luisa verrà troncata la vita sulla Piazza del Mercato, a Napoli.


Paola Chirico
Trainer formazione HR

lunedì 24 febbraio 2014

IL MIGLIORAMENTO PERSONALE PER UNA NUOVA PROFESSIO...


Master annuale in #MentalCoaching. Come diventare esperti in questo settore nuovo, richiestissimo e iniziare una Professione entusiasmante.


Coach4You: IL MIGLIORAMENTO PERSONALE PER UNA NUOVA PROFESSIO...: Pubblicazione di Alfredo Molgora .

sabato 8 febbraio 2014

Buone e cattive notizie: quali preferite prima?


 
 
Immaginate di avere ricevuto due lettere. Una di queste è una multa per eccesso di velocità e l’altra è la lettera che vi ha inviato un caro amico che non vedete da molto tempo. Quale aprirete prima?
In realtà trascorriamo buona parte della nostra vita prendendo decisioni di questo tipo. E la verità è che il modo in cui organizziamo la nostra routine o le notizie negative e positive ha una ripercussione importantissima su come ci sentiremo nelle ore successive..


Uno studio realizzato recentemente dall’Università di Seul, ha coinvolto dei volontari proponendo loro delle coppie di eventi comuni della quotidianità: alcuni allegri e altri deprimenti. E' stato chiesto loro che li ordinassero sulla base di quali preferivano vivere per primi e quali dopo e al tempo stesso  di stabilire quanto tempo doveva passare tra un esperimento e l’altro.

L’esperimento ha svelato che la maggior parte delle persone non desidera che gli eventi negativi e positivi avvengano nello stesso giorno. Questo ci indica che tendiamo a estendere tanto la sofferenza quanto il piacere, in questo modo possiamo recuperarci dal dolore e possiamo assaporare meglio l’allegria.

Dal momento che la vita non si adatta quasi mai ai nostri desideri, i ricercatori hanno deciso di ricrearla nei limiti del possibile e per questo hanno chiesto ai partecipanti allo studio che decidessero quale doveva essere l’ordine degli eventi durante la stessa giornata. In questo modo si è potuto riscontrare che tre quarti delle persone preferivano ricevere prima le cattive notizie. Un' opzione che non risulta strana poiché siamo soliti pensare che ricevendo la notizia positiva alla fine, questa cancellerà la  negativa.

Si tratta di un processo abbastanza simile a quando vediamo un film dell’orrore e dopo decidiamo di vedere una commedia divertente per andare a letto più rilassati. Ovviamente, si tratta di una strategia che non sempre funziona, poiché dipenderà dal significato emotivo degli eventi. In altre parole, se la notizia negativa è davvero terribile, sarà difficile che questa possa venire cancellata da una notizia positiva.

Il secondo risultato emerso da questo studio è stato che le persone che riportavano maggiori indici di felicità tendevano ad impiegare una strategia identica ovvero cercare l’appoggio degli amici dopo aver ricevuto una cattiva notizia.

Al contrario, le persone che mostravano maggiori livelli di depressione e infelicità avevano la tendenza ad equilibrare la cattiva notizia o una perdita con un guadagno nello stesso settore. Come dire, se subivano una perdita finanziaria, si concentravano per ottenere risultati economici positivi con altre azioni, forse cambiando investimento.

Quali conclusioni possiamo trarre da tutto questo?

In primo luogo, che affrontare prima le cattive notizie è una buona strategia, ma  questa tecnica non avrà effetto a meno che entrambe le notizie non abbiano la stessa valenza emotiva.

In secondo luogo, che non dobbiamo combattere una cattiva notizia o evento tentando di ottenere dei risultati positivi nello stesso campo. Una strategia molto più efficace e semplice è quella di condividere la situazione con gli amici più fidati.
 
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Fonte:
Sul, S.; Kim, J. & Choi, I. (2012) Subjective Well-Being and Hedonic Editing: How Happy People Maximize Joint Outcomes of Loss and Gain. Journal of Happiness Studies.
 
Paola Chirico
Trainer Formazione H R

 

venerdì 27 dicembre 2013

Diario Anna Maria Farabbi

 Ribloggato da CARTESENSIBILI:

Clicca per visitare l'articolo originale
jamie haiden
 
Si parla di ecologia ambientale:
io dico che la lingua fa parte dell’ambiente. La lingua abita noi e noi abitiamo la lingua. La nostra attenzione non può soltanto illuminarsi e concentrarsi su plastiche, petrolio, cementi ma anche su quanto il nostro pensare dire scrivere subisca inquinamento in ogni attimo della giornata. Quanto si svilisca depotenziando la nostra capacità lessicale, la nostra ricerca espressiva, la nostra profondità esistenziale e, perché no, anche il piacere e la pratica sapiente della scrittura manuale.
 
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Rallentiamo se è possibile... la lentezza è difficile da realizzare concretamente. Quotidianamente corriamo affannati dietro a milioni di stimoli che ci lasciano comunque insoddisfatti, la superficialità e precarietà ormai la fanno da padrone, ed allora ci imbottiamo di pillole antistress, ginnastica yoga e pilates, cibi macrobiotici e ipocalorici, ci sentiamo dei novelli profeti quando riusciamo a comprare verdura a chilometro zero, anziché in bustine confezionate e precotte. Occorre fare qualcosa , agire, ciascuno come può , o come sa, per uscire da questo circuito vizioso . Concordo nella necessità di dare importanza alle parole, perché possano riappropriarsi di significato, perché i concetti non siano più "strapazzati, e possano esprimere, invece, profondità e leggerezza.
 
Paola Chirico
Trainer Formazione HR

 

 

 

 

 

 

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martedì 3 settembre 2013

Diecimila passi ... anche di meno per stare meglio!


Diecimila passi, diecimila pensieri che attraversano la mente, diecimila immagini che scorrono come fotografie davanti gli occhi e diecimila buoni motivi per abbandonare il comodo divano dedicando un'ora del proprio tempo alla salute e alla forma fisica.

Come? Con il "walking"...
Il "walking" è uno sport semplice, praticabile da tutte/i, in qualsiasi stagione, a qualunque età. È faticoso, ma non estenuante. È un'attività autonoma e gratuita.
Anche i pigri e sedentari fanno 5 mila passi senza nemmeno accorgersene, ma bisogna compiere un piccolo sforzo e aggiungerne almeno 2 mila se si vogliono ottenere dei risultati di una certa entità.

Studi recenti hanno identificato nella camminata costante o "walking" a 4 km all'ora, cioé quella che normalmente si ha quando si porta il cane a passeggio, la perfetta andatura che brucia la maggiore percentuale di calorie. Ciò significa che, mentre in attività sportive ad alta intensità di sforzo il nostro organismo utilizza le riserve di carboidrati, in quelle a bassa intensità vengono sfruttate le fonti energiche dei depositi adiposi. Paradossalmente, con il "walking" si consumano più grassi rispetto a sport più "faticosi".

Oltre ai benefici per la linea, la camminata previene e, in molti casi, risolve problemi metabolici, cardiovascolari, posturali, pressori. Allontana il rischio di osteoporosi, di diabete, di ictus e di infarto. Infatti, se le ossa non vengono messe sotto sforzo, perdono compattezza e diventano più fragili; il cuore, senza esercizio, non accresce la propria massa e potenza, e l'apparato venoso tende a perdere elasticità, provocando un peggioramento per la pesantezza e il gonfiore delle caviglie e per la comparsa di varici.

Un' influenza positiva la si ottiene anche a livello metabolico, con la riduzione di calorie e l'aumento della percentuale nel sangue del "colesterolo buono" e a livello del sistema simpatico come l'abbassamento di pressione e del battito cardiaco, allontanando così il disturbo dell'ipertensione arteriosa.

 
Quindi, camminare, camminare ...!
 
Vanno, però, seguite delle semplici regole per massimizzare i benefici:
 
1. Imparare la giusta tecnica: ruotare il bacino ad ogni passo, appoggiare a terra prima il tallone e poi la pianta, tenere il busto dritto, spalle e collo rilassati, braccia con gomiti a 90° e mani a pugno chiuse. Importante avere un respiro regolare.
2. Camminare almeno tre volte alla settimana, alternando i giorni.
3. Preferire le prime ore del mattino e la sera.
4. Evitare un'eccessiva sudorazione, coprendosi troppo.
5. Utilizzare scarpe comode.
 
E allora perché non sfruttiamo il più possibile la camminata per stare bene e ritrovare la forma in modo semplice e senza sacrifici?
Paola Chirico
Trainer Formazione HR
 

sabato 3 agosto 2013

Riflessioni. Perchè questo? Perchè io? Perchè adesso?


Chi di noi non si è trovato in tempi difficili a cercare una risposta a queste domande?
Ci interroghiamo.  Interroghiamo la vita. Ci scagliamo contro Dio. Assaliamo qualunque persona mostri di ascoltarci con comprensione... perché?.
 
E le risposte che riceviamo, dei vaghi, generici palliativi, che non riescono a lenire la nostra frustrazione e il nostro dolore, suonano vuote, impersonali, se non addirittura assurde.
Risposte come:
" Il tempo guarisce ogni cosa"; " Adesso sei disperato/a, ma poi ti sentirai meglio"; "E' il volere di Dio e non sta a noi metterlo in discussione"; "E' il destino ( ma chissà quale maledetto destino?!); " Sono cose che accadono..." e se ne potrebbero elencare tante altre, ma non servirebbero.
 
Il peggiore consiglio, poi, che ci potrebbero dare quando siamo sopraffatti/e dalle difficoltà  e che suona  veramente stonato  e fuori luogo è ... "Cerca di non pensarci troppo... continuare a pensare logora la vita".
 
Parole offerteci da amici benefattori, benintenzionati dinanzi alla nostra sofferenza, che non placano, però, il senso di naufragio che proviamo a causa di qualcosa  che è andato veramente storto.
 
Rimuginiamo sui dettagli dolorosi della nostra vita sino a quando non scopriamo (ma da soli!) che tutto sommato il tempo guarisce davvero molte ferite, anche se la sofferenza e la pena hanno lasciato una traccia indelebile nei nostri cuori.
 
Paola Chirico
Trainer Formazione HR
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